Sviluppo sostenibile

“Lo sviluppo sostenibile è quello che soddisfa le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie” (Rapporto Brundtland 1987)

Nel concetto di sviluppo sostenibile confluiscono i concetti di soddisfazione dei bisogni estesa a tutti gli abitanti della Terra e di responsabilità verso le generazioni future, alle quali bisogna poter consegnare quantità di riserve adeguate e un ambiente senza gravi squilibri.

La crescita nei consumi degli ultimi 50 anni, le pressioni sempre più esasperate sull’ambiente e il deterioramento delle risorse naturali hanno contribuito a far emergere il nuovo paradigma di sviluppo basato su tre principi fondamentali:

  • integrità dell’ecosistema
  • efficienza economica
  • equità sociale.

A livello mondiale, le nuove esigenze hanno portato i governi dei diversi Paesi a “istituzionalizzare” lo sviluppo sostenibile, attraverso l’assunzione di impegni a livello nazionale e nei consessi internazionali.
Con il Vertice della Terra di Rio de Janeiro nel 1992, lo sviluppo sostenibile è stato assunto come percorso obbligato per la sopravvivenza del pianeta e con l’approvazione della Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo, gli Stati si sono impegnati ad adottare programmi e misure di prevenzione, controllo e mitigazione degli effetti delle attività umane sul pianeta. L’ampio programma di azioni per lo sviluppo sostenibile del pianeta da qui al XXI secolo scaturito dalla Conferenza di Rio è detto l’Agenda 21.
Con la Conferenza di Kyoto del dicembre 1997, è stato poi definito un protocollo che ha impegnato i Paesi firmatari a ridurre, entro il 2012, del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, le principali emissioni di gas capaci di alterare il naturale effetto serra (si veda la voce relativa). Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel febbraio 2005.
Alla Conferenza sul Clima di Parigi (COP21) del dicembre 2015, 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale. L’accordo è entrato in vigore il 4 novembre del 2016 e rappresenta il quadro di riferimento per le azioni globali di riduzione delle emissioni di gas di serra. L’accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il programma adottato all’unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015.

In Italia, il principale documento faro di attuazione dell’Agenda 2030, è la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, approvata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) il 22 dicembre 2017. La Strategia italiana, da aggiornare ogni tre anni, definisce le linee direttrici delle politiche economiche, sociali e ambientali finalizzate a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030. Si struttura in cinque aree, le “5P”  dello sviluppo sostenibile proposte dall’Agenda 2030, ciascuna delle quali  contiene Scelte Strategiche e Obiettivi Strategici per l’Italia, correlati agli obiettivi dell’Agenda 2030:

  • persone: contrastare povertà ed esclusione sociale e promuovere salute e benessere per garantire le condizioni per lo sviluppo del capitale umano
  • pianeta: garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, contrastando la perdita di biodiversità e tutelando i beni ambientali e colturali
  • prosperità: affermare modelli sostenibili di produzione e consumo, garantendo occupazione e formazione di qualità
  • pace: promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione. Contrastare l’illegalità
  • partnership: intervenire nelle varie aree in maniera integrata. Il documento identifica, inoltre, un sistema di vettori di sostenibilità, definiti come ambiti di azione trasversali e leve fondamentali per avviare, guidare, gestire e monitorare l’integrazione della sostenibilità nelle politiche, nei piani e nei progetti nazionali.